Wormwood

Stiamo aspettando ancora secondi numeri di alcune cose, a cominciare da quel Fallen Angel di Peter David che continuano a prometterci, ma la Magic Press continua con la sua discutibile ma felice politica editoriale di sfornare primi numeri. E la casa editrice punta sul sicuro, scegliendo l’opera geniale e folle di Ben Templesmith, già ben […]

Stiamo aspettando ancora secondi numeri di alcune cose, a cominciare da quel Fallen Angel di Peter David che continuano a prometterci, ma la Magic Press continua con la sua discutibile ma felice politica editoriale di sfornare primi numeri. E la casa editrice punta sul sicuro, scegliendo l’opera geniale e folle di Ben Templesmith, già ben noto per essere l’illustratore della fortunata serie 30 giorni di notte (edita sempre da Magic Press, e prima o poi vi parlerò anche di quella).
Vincitore dell’International Horror Guild Award, questo fumetto prende alcuni degli elementi che avevano fatto la fortuna di Singularity 7 – che a quanto ne so rimane inedito in Italia – e aggiunge una spruzzata di humor nero e di citazioni, oltre ad affinare, come dice egli stesso, la tecnica creativa.  «Singularity 7 was a first attempt at going it alone. I didn’t want to start with Wormwood, so I wanted to pick another smaller thing first. Whatever the outcome of that mini-series was, the process was different to how I do it now. For Singularity 7 and such, I was doing all the art from a basic plot and then adding dialogue after the event. Now I write the whole thing out first, conversationally, and then map out the pages from there, just tweaking the dialogue at the end. I think it works a hell of a lot better, too.»
(Per i non anglofoni: «Singularity 7 fu un primo tentativo di opera solista. Non volevo cominciare con Wormwood, così ho deciso di scegliere qualcosa di più piccolo per iniziare. Qualunque sia stato il risultato finale di questa miniserie, il processo creativo era molto diverso da quello che seguo oggi. Per Singularity 7 e i fumetti come lui, facevo tutta la parte grafica da una sceneggiatura di massima e poi aggiungevo il dialogo coordinandolo con gli eventi. Ora scrivo tutto insieme come prima cosa, la conversazione intendo, e poi strutturo la pagina da lì, semplicemente sintonizzando [usa proprio il termine radiofonico n.d.sh.] il dialogo verso la fine. E penso che funzioni anche un casino meglio.»)
Nel 2006 l’editore statunitense (la IDW publishing) ha brevemente interrotto la pubblicazione, che ora sembra ripresa.

Ma di che cosa si tratta? Beh, come dicevo, un’opera folle e geniale, densa di citazioni folli e di riferimenti ai "maestri" di Templesmith, ringraziati nella dedica di copertina: «Ringraziamenti speciali a Douglas Adams, Terry Nation e Russel T. Davies», rispettivamente autori della Guida galattica per autostoppisti (se non la conoscete, fuori da questo blog), di Doctor Who e del folle spin-off Torchwood (prima o poi vi parlerò anche di quello). E proprio da Douglas Adams è il sottotitolo del primo volume, "La vita, la birra e tutto quanto". Proprio da Douglas Adams sembrano usciti i vermoni tentacolari che danno il titolo all’introduzione firmata da David Slade (regista del film 30 giorni di buio tratto dal fumetto), e il protagonista è un verme senziente che vive nell’orbita di un cadavere in giacca e cravatta. Suo fedele compagno, un androide con la faccia di uno degli ZZ top e un persistente sarcasmo nei confronti del suo creatore che non gli ha fatto gli attributi.
In tutto ciò, il riferimento del titolo completo a Ufficiale e gentiluomo sembrava un po’ fuori luogo. E infatti lo è: il titolo originale "gentleman corpse", ha poco a che vedere con "An Officer and a gentleman" (a sua volta citazione da una formula standard di accusa presso la corte marziale in base all’articolo 133 del codice militare: «a conduct unbecoming an officer and a gentleman»). Trovo abbia più a che vedere con un’altra espressione anglosassone, che antepone "gentleman" ad una professione per indicare un professionista della domenica (gentleman architect, ad esempio). E in effetti il protagonista del fumetto non è esattamente un cadavere, quanto un verme che vive nell’orbita vuota di un cadavere sorridente e distinto. Wormwood, appunto. Il cui nome ci porta nei meandri di ben altre considerazioni. E usiamo le parole di David Slade (non nella traduzione di Giorgio Saccani, che evidentemente non aveva idea di che cosa stesse parlando).
«Il libro dell’Apocalisse di Giovanni di Patmos, così come incluso nel Nuovo Testamento, parla di Assenzio [in inglese Wormwood] come della stella che avvelena le acque e arriva più o meno alla fine del mondo». E che si tratti di una stella o di un angelo è teologicamente controverso, dato che la traduzione dal greco è leggermete fallata, ma la versione canonica recita più o meno:

«E il terzo angelo suonò la tromba
e cadde dal cielo una grande stella,
ardente come una torcia,
e colpì un terzo dei fiumi,
e le sorgenti delle acque.
E la stella si chiama Assenzio;
e un terzo delle acque si mutò in assenzio
e molti uomini morirono per quelle acque,
perché erano divenute amare.»
(Apocalisse: 8,10-11)

Il termine non è un’invenzione di Giovanni, ma compare più volte nell’Antico Testamento (לענה, la’anah), sebbene mai come entità concreta: ricorre nel Deuteronomio tradotto come "terreno arido" («Se qualcuno, udendo le parole di questa imprecazione, si lusinga in cuor suo dicendo: Avrò benessere, anche se mi regolerò secondo l’ostinazione del mio cuore, con il pensiero che il terreno irrigato faccia sparire quello arido») e in Geremia tradotto come "spada" («li disperderò in mezzo a popoli che né loro né i loro padri hanno conosciuto e manderò dietro a loro la spada finché non li abbia sterminati»). Incredibile come la nostra cultura si basi su una traduzione fallata e vecchia di centinaia di anni. Ovviamente gli errori – insieme ad una lettura del testo come profetico invece che come un criptico-allegorico testo di resistenza da inserire nel giusto contesto storico – danno adito ad interpretazioni, le interpretazioni giustificano l’esistenza di un corpo sacerdotale e fanno prolificare diverse congregazioni, ciascuna delle quali percepisce l’8‰. Ma questa è un’altra storia.
Alla nostra storia basti sapere che questo singolo passo dell’Apocalisse ha dato origine a varie interpretazioni. Alcuni, tra cui gli Avventisti del Settimo Giorno, danno un’interpretazione storica delle sette trombe, ipotizzando quindi che le trombe siano già avvenute e che la fine del mondo sia prossima: questa gente, i cosiddetti "storicisti", tendono ad identificare la stella Wormwood con un personaggio storico, da Attila ad Ario, da Costantino a Pelagio (il monaco eretico che elaborò una teologia senza peccato originale). Altri della stessa corrente si basano sulla traduzione ucraina di un particolare tipo di assenzio, Чорнобиль, che traslitterato suona più o meno "Chernobyl": secondo questa interpretazione, naturalmente, la stella che avvelena le acque sarebbe la centrale nucleare esplosa nel 1986. Tra i sostenitori dell’ipotesi profetica, invece, alcuni favoriscono una lettura letterale, naturalistica, e sostengono che la "stella" sia un meteorite destinato a cadere sulla terra.
Quel pazzerellone di Ben Templesmith non è il primo a giocare con questo passo: prima di lui, Garth Ennis aveva sfornato un The Chronicles of Wormwood, la storia più triviale e decisamente meno raffinata di un benevolo anticristo che Dio e Satana tentano invano di convincere a iniziare l’Armageddon (famosa ovunque è la scena di sesso con Giovanna d’Arco). E Miss Wormwood, il personaggio di Calvin e Hobbes, è ispirata a The Screwtape Letters di C.S. Lewis (sì, proprio il teologicamente sciroccato autore delle Cronache di Narnia), in cui un demone anziano istruisce il giovane demone Wormwood. Nell’Idiota di Dostoevsky, il protagonista interpreta la terza tromba dell’Apocalisse come la ferrovia. E non dimentichiamoci Wormwood: Curious Stories from the Bible, album dei Residents. Infine, per gli amanti della tecnologia, ricordate che wormwood è anche il termine anglosassone per i virus informatici.
Ma non temete.
La fine del mondo non comincia con catastrofi nucleari o crack informatici.
Incomincia in uno strip bar dove un barista "smanetta con il pipino nelle spine della birra".
Almeno secondo Ben Templesmith.
Enjoy!

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