Wolverine #229

Qualcuno lo ha definito «il numero di Wolverine più veloce della storia». Sono completamente d’accordo. Ma siamo sicuri che non avesse meno pagine? Non che non sia successo niente, intendiamoci. Forse è colpa dell’assoluta e assurda rapidità con cui si svolgono gli eventi in Origins (quali eventi, ora che ci penso?), forse è per via […]

Qualcuno lo ha definito «il numero di Wolverine più veloce della storia». Sono completamente d’accordo. Ma siamo sicuri che non avesse meno pagine? Non che non sia successo niente, intendiamoci. Forse è colpa dell’assoluta e assurda rapidità con cui si svolgono gli eventi in Origins (quali eventi, ora che ci penso?), forse è per via della completa inutilità della mini-storia conclusiva, forse è per il modo sbrigativo con cui si conclude lo story-arc Trova Mystica (ma si può chiamare story-arc? Si sviluppa in quattro numeri, ma talmente rapidi che sembrano due). Fatto sta che questo numero mi riporta ai tempi in cui mi domandavo perché diavolo comprassi Wolverine. E, esaurita la storia con Mystica, credo che tornerò a non comprarlo, almeno fino al ritorno di Peter Wisdom. Ehi, ma non dovrebbe coincidere con l’inizio di Secret Invasion? Dannazione…

Trova Mystica (Get Mystique #3 e #4, da Wolverine #65 e #66 del giugno e del luglio 2008). Jason Aaron, coadiuvato da un Ron Garney decisamente troppo ingrugnato per i miei gusti, ci narra la storia di come si sono conosciuti per la prima volta Logan e Raven, e la cosa mi puzza di bad continuity lontano un miglio.
Siamo proprio sicuri che storie come questa, contando sulla perdita di memoria di Wolvie, non fossero già state accumulate a pacchi in precedenti one-shot sullo stile di quello che chiude questo numero?
A parte questo, siamo proprio sicuri che raccontare questa storia, e disfare anche l’ultimo velo di mistero, sia una buona idea?
Lo so, è una domanda cosmica che avvolge tutta la gestione recente del cosiddetto artigliato canadese. La domanda fondamentale, meno filosofica, è un’altra: cos’è questa roba? Il primo intrallazzo di Logan e Raven è una storiella insipida e senza pathos, che non fa la minima fatica di inserirsi narrativamente nel filone principale, nemmeno con qualche bieco trucco narrativo d’accademia. Una storia piena di Gimmy lo Sguercio e Frank tre palle, in cui Mystica pianifica una rapina in banca e viene tradita da Wolverine per due soldi. Ma che è? Quale dovrebbe essere la morale? Che veramente Logan e Raven erano molto simili ma che poi Logan ha trovato tra gli X-men una redenzione che lei ha sempre rifiutato? Pare proprio che la morale sia questa. Una morale banale e senza scossoni, che per com’è esposta non lascia il minimo beneficio del dubbio e per la quale non ci voleva di certo un nuovo story-arc. Una morale che ancora una volta ci propone un Logan gattino addomesticato, che scatena la sua furia ma la cui furia non ha alcuna implicazione morale perché è uno dei buoni e combatte per una buona causa. Un Logan che può lasciare una donna a morire dissanguata e sola nel deserto con una pistola carica per suicidarsi ma che non per questo è un crudele vendicatore. E’ uno dei buoni. E combatte per una buona causa. Con tutti i mezzi necessari. Ehi, dove l’ho già sentita? Già. Non si tratta di buttare per forza tutto in politica, ma questo Logan senza sentimento della pietà, senza nemmeno il sentore che possa esistere un sentimento della pietà e che questa sia indiscriminata nei confronti di colpevoli, presunti colpevoli e innocenti, è il Logan degli Stati Uniti di Bush. Ma del resto, sul profondo approccio politico e morale di Jason "ammazziamo-le-comparse-tanto-sono-musulmane" Aaron avevo già avuto modo di parlare la volta scorsa.
Ma di questa storia allora non si salva proprio niente?
No, non proprio.
Si salva il combattimento finale, con una Mystica nuda e di raro splendore. Si salva il tentativo di dare spessore al potere della mutaforma al di là della semplice copycat che a volte la si fa diventare: inarrivabile, in questo senso, la prova di Brian K. Vaughan nella sua lunga gestione della mutante, ma buono anche questo Aaron con una Mystica che combatte nuda e si nasconde una pistola di riserva nelle carni.
Si salva il dialogo finale, con Wolverine senza pietà che si guadagna il diritto di essere al centro di una nuova avventura Get Wolverine.
Si salva il finale aperto, ancora una volta indice dell’intelligenza di chi sa che far morire i personaggi nell’Universo Marvel non serve assolutamente a niente.
Ah, naturalmente su due copertine ne salta una (quella che vedete in alto a sinistra): troppo difficile pubblicarle tutte e due.
Una storia inesplicabile.

Fino in fondo #2 (The Deep End #2, da Wolverine Origins #22 dell’aprile 2008). Leggere Deadpool è, in generale, sempre un piacere. Ma questa storia è una vera pena. Un pianoforte che cade dal terzo piano. Un cavo collegato al tram. Un camion. Se si tratta di escogitare metodi folli per uccidere Wolverine, Deadpool dovrebbe essere un maestro. Chi non è maestro è Way, con l’insipido Dillon suo degno compare. Imparerà, prima o poi, quali sono le differenze estetiche tra uomini e donne? Non è il momento che la mamma e il papà gli facciano un discorsetto?
Una stora illeggibile.

L’incredibile creatura immortale (The Amazing Immortal Man, da The amazing immortal man del luglio 2008). Cosa li spinga a pubblicare storie come queste io proprio non lo capisco. Non hanno niente di meglio? E, badate, non me la sto prendendo con le storie autoconclusive fuori continuity che vedono Wolverine come protagonista (anche se trovo avessero molto più senso nei bei tempi in cui Logan non ricodava il suo passato). Questa non è una semplice storia autoconclusiva fuori continuity: è semplicemente una storia priva di ogni qualità. A partire dai disegni di Johnny Timmons, linee a caso alla mercé del destino. A partire dalla storia, che prende quanto già scritto mille volte su Logan e su altri mutanti, lo rimescola e lo vomita scompostamente sulla pagina. Logan attrazione di un circo. Logan che non riesce a salvare la donna che ama. Logan che dà libero sfogo alla propria furia. Logan al centro delle leggende di un posto dimenticato da Dio. Per l’amor del cielo, basta.
Una storia inutile.

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