Ancora sul Mantegna
Sempre dal Corriere del 13, un articolo sulla mostra del Mantegna che ho visto a Roma e che consiglio a tutti (nonostante abbia destato qualche discussione il giudizio del curatore circa quali siano le opere "mature" – in senso qualitativo – del Mantegna). D’accordissimo sull’appello di Sgarbi: il direttore di Brera dovrebbe vergognarsi (e non […]
Sgarbi: «Rivalutiamo Mantegna, fascista per forza» – Andrea Garibaldi
BERLINO – Nell’atmosfera anni Trenta della monumentale ambasciata italiana a Berlino, il vicepremier e ministro per i Beni culturali Francesco Rutelli presenta un’impresa italiana, una mostra che dura quattro mesi sul palcoscenico di tre città, Padova, Verona e Mantova, per celebrare Andrea Mantegna, genio della pittura del ’400, a cinquecento anni dalla sua morte. Perché Berlino? Perché i tedeschi sono i turisti più assidui in Italia e da tempo si lamentano per prezzi e trattamento generale e vanno rassicurati. Perché tre città? Sono i luoghi della vita e del lavoro di Mantegna e un nuovo corso tende a far vedere le opere ma anche la storia dentro la quale nacquero. Vittorio Sgarbi, coordinatore della mostra tricefala, ha detto ieri a Berlino che «Mantegna ha subito per molto tempo l’ingiusta favola che lo considerava terminale della cultura fascista, in quanto glorificatore della Roma imperiale». In realtà, il suo percorso comincia a Padova studiando da vicino il lavoro di Donatello e lo porta alle forme classiche, a fondare la pittura umanistica dell’Italia del Nord, a creare la celebre prospettiva «da sotto in su». «Padova – ha detto Sgarbi – era allora come Trento nel 1968», città e università dove si faceva il nuovo. Giungerà qui proprio da Berlino la Madonna con il bambino addormentato e da Francoforte il San Marco . E a palazzo Zuckermann sarà esposta la Madonna della Tenerezza , di recente attribuita a Mantegna. Nella cappella Ovetari, distrutta da un bombardamento nel marzo 1944, si potrà assistere alla ricostruzione da minuti frammenti di parte degli affreschi. A Verona Mantegna si sposta a metà del secolo, trovandovi rovine romane ancor più imponenti di quelle padovane. La mostra offre, alla Gran Guardia, la Pala di San Zeno con una delle predelle concessa dal Louvre. Infine Mantova, dove Mantegna visse 46 anni, vero e proprio «pittore di Stato» dei Gonzaga. Qui, a Palazzo Ducale, c’è il capolavoro della Camera Picta , detta degli Sposi e nelle Fruttiere di Palazzo Te sarà esposta una serie di monocromi, tempere simulanti bassorilievi in bronzo dorato su lastre di marmo. In tutto, con un solo biglietto e un giorno e mezzo di immersione nel mondo di Mantegna, poiché le tre città distano meno di un’ora l’una dall’altra. Dal 16 settembre al 14 gennaio, 352 opere, 140 musei prestatori, 647 milioni di euro il valore assicurativo. Sgarbi ha rivolto una preghiera a Rutelli: che prema sui sovrintendenti di Brera a Milano e della Ca’ d’Oro a Venezia perché rendano più completa la mostra con il Cristo morto e il San Sebastiano.