The two-bear mambo

E’ piuttosto strano questo libro di Joe R. Lansdale. La trama è piuttosto debole e l’impianto giallistico lascia un po’ a desiderare, molti passaggi sembrano piuttosto gratuiti e alla fin fine non si riesce bene a trovare un nucleo centrale al di là del pretesto e degli episodi infilati l’uno in fila all’altro. E nonostante […]

E’ piuttosto strano questo libro di Joe R. Lansdale. La trama è piuttosto debole e l’impianto giallistico lascia un po’ a desiderare, molti passaggi sembrano piuttosto gratuiti e alla fin fine non si riesce bene a trovare un nucleo centrale al di là del pretesto e degli episodi infilati l’uno in fila all’altro. E nonostante questo mi è piaciuto, e molto. Come mai? Mi è difficile da spiegare. Preferisco, a costo di attirarmi le ire di Einaudi, farvene leggere un pezzo. Al solo scopo di convincervi a comprarlo e a gustarvelo, sia chiaro. Perché non si può non amare un libro che inizia così (consiglio di leggere con l’adeguata colonna sonora):

«Quando arrivai da Leonard, la sera della vigilia di Natale, sullo stereo di casa sua c’erano i Kentucky Headhunters a tutto volume che cantavano The Ballad of Davy Crockett, e Leonard, come per una sorta di celebrazione natalizia, stava appiccando il fuoco ancora una volta alla casa accanto.
Mi auguravo che avesse smesso di farlo. La prima volta l’avevo aiutato, la seconda l’aveva fatto per conto suo, e ora eccomi presente alla terza, in macchina. Il tutto avrebbe avuto un’aria dannatamente sospetta, quando fossero arrivati gli sbirri. Qualcuno aveva già telefonato. Molto probabilmente erano stati gli stronzi da dentro la casa. Lo sapevo perché potevo sentire le sirene in lontananza.
Il ragazzo di Leonard, Raul, era sulla veranda, con le mani conficcate nelle tasche dell’impermeabile, a osservare l’incendio e il pestaggio che avvenivano poco distante; era agitatissimo, come un predicatore metodista in visita che si è appena reso conto che il capofamiglia si è pappato l’ultima coscia di pollo fritto.
Infilai il furgoncino nel vialetto di Leonard, scesi, mi avvicinai e mi fermai sulla veranda insieme a Raul. Faceva freddo, e il respiro ci si condensava davanti al bocca in sbuffi di vapore biancastro. – Com’è che è cominciata? – domandai.
– Oh merda, Hap, non ne ho idea. Devi fermarlo prima che portino lui e il suo culo nero in gattabuia.
– Per questo è già troppo tardi. ‘Ste sirene che senti non stanno mica arrivando per quelli che passano col rosso.
– Merda, merda, merda, – disse Raul. – Non avrei ai dovuto mettermi a convinvere con un frocio macho. Avrei dovuto restarmene a Houston.
Solitamente Raul era un tipo di bell’aspetto, ma lì fuori nella notte, con i riflessi arancione dell’incendio della casa accanto che gli barbagliavano sulla faccia, sembrava quasi prosciugato, disseccato, come la vittima di un ragno gigantesco. Ciondolava avanti e indietro, senza rendersene conto, come un birillo che non è stato buttato giù del tutto dalla palla da bowling, osservando Leonard che trascinava fuori dalla casa in fiamme un nero grosso come un armadio e lo strapazzava sulla veranda. La camicia e i pantaloni del tipo erano in fiamme e Leonard lo stava pigliando a calci, prima sulla veranda, poi in giardino.
Riconobbi subito il tipo. Lo chiamavano il Mohicano per via del suo taglio di capelli, anche se, dopo quella sera, avrebbero benissimo potuto iniziare a chiamarlo Affumicato. Una volta, il Mohicano e un suo amico erano saltati addosso a me e a Leonard e si erano presi una bella ripassata. Me la risognavo ancora di tanto in tanto, la notte, quando avevo bisogno di qualcosa che mi tirasse su il morale.
[…] Il camion dei pompieri arrivò con uno strillo di sirene e andò dannatamente vicino a mettere sotto il Mohicano mentre Leonard, dopo averlo steso con un’abile mossa del bacino, lo stava sbattendo di qua e di là sull’asfalto. Il tizio rotolò su se stesso e colpì il marciapiede dalla parte opposta della strada; l’autopompa sterzò e salì sul prato della casa in fiamme, e Leonard dovette balzare per non finirci sotto.
Una cosa positiva, però, era che tutto quel rotolare aveva spento le fiamme sul corpo del Mohicano. Sapete come funziona, quel vecchio consiglio che ti danno sempre i pompieri: «Fermati, lasciati cadere e rotola»… e questo era proprio ciò che il Mohicano stava facendo. Grazie a Leonard.
A vederla in positivo, si poteva anche dire che Leonard non stava facendo altro che salvare la vita inutile del Mohicano.
Alquanto ovviamente, ora, Leonard era tornato dentro la casa e, d’un tratto, un nero basso e con i capelli in fiamme ne uscì appeso all’estremità del piede del mio amico e, quando sbatté sul giardino antistante, si alzò di scatto e cominciò a scappare verso casa di Leonard, con lui che gli gridava dietro: – Corri, piccolo negro fottuto.»

5 Comments

  1. Ormai, mio diletto Conte, tendo a non stupirmi più dell’insipienza della maggior parte dei traduttori che – generalmente per meriti puramente biologici – lavorano nelle maggiori case editrici italiane.

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