Codice Appalti: modellazione nelle opere pubbliche

Abbiamo fino al 3 luglio per commentare, in modo puntuale e coerente, la bozza di decreto sul BIM messa in consultazione il 19 di questo mese dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sul sito del centro servizi, assistenza, studi e formazione per l’ammodernamento delle pubbliche amministrazioni (Formez). Il materiale in consultazione si compone di tre parti: […]

Abbiamo fino al 3 luglio per commentare, in modo puntuale e coerente, la bozza di decreto sul BIM messa in consultazione il 19 di questo mese dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sul sito del centro servizi, assistenza, studi e formazione per l’ammodernamento delle pubbliche amministrazioni (Formez).

Il materiale in consultazione si compone di tre parti:


 

1. La storia fino a oggi

  1. Il 18 aprile 2016 è entrato in vigore il Decreto Legislativo nr. 50, detto anche Codice dei Contratti Pubblici e amichevolmente soprannominato Codice Appalti.
    Nel codice l’articolo 23 comma 1 lettera h elencava l’utilizzo della modellazione informativa tra gli strumenti da adottare per conseguire una maggiore qualità e raggiungere un miglior controllo sui lavori pubblici.
    Sempre nell’articolo 23, il comma 13 demandava al ministero il compito di istituire una commissione per individuare tempi e modi d’introduzione del metodo.
  2. La commissione è istituita con decreto del luglio 2016 ed è composta «da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche e del mondo accademico» (sto citando da qui) e, a seguito di una piccola rimostranza avanzata dall’ordine degli ingegneri, «successivamente integrata da un rappresentante della rete nazionale delle professioni dell’area tecnico-scientifica» con apposita integrazione al decreto. La commissione si compone quindi di:
    • ing. Pietro Baratono (provveditore interregionale per le opere pubbliche per la Lombardia ed Emilia Romagna) con il ruolo di presidente della commissione;
    • d.ssa Antonella Nicotra, vice capo dell’ufficio legislativo del ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
    • arch. Maria Lucia Conti, provveditore interregionale per le opere pubbliche di Toscana, Umbria e Marche;
    • ing. Mario Nobile, direttore generale dei sistemi informativi e statistici del Ministero;
    • un rappresentante dell’ANAC;
    • un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dipartimento della funzione pubblica;
    • un rappresentante dell’Università di Brescia;
    • un rappresentante dell’Università La Sapienza di Roma;
    • un rappresentante della Federico II di Napoli;
    • un rappresentante del Politecnico di Milano;
    • un rappresentante dell’Agenzia per l’Italia digitale;
    • un rappresentante della rete nazionale delle professioni dell’area tecnico-scientifica, che sappiamo essere il presidente del CNI ing. Armando Zambrano.


 

2. La consultazione

«Prima della pubblicazione del decreto attuativo qui esposto a consultazione pubblica, il MIT intende allargare il ventaglio dei soggetti coinvolti nel processo partecipativo avviando questa consultazione online, al fine di raccogliere tutti i contributi di chi quotidianamente è coinvolto nell’utilizzo dei metodi e degli strumenti elettronici specifici, quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture, prima della pubblicazione del decreto attuativo qui esposto a consultazione pubblica.»

Potete quindi effettuare il log-in con il vostro account di Facebook o di Twitter (non sto scherzando) e inviare la vostra informata e autorevole opinione come @ciccino37 oppure come @pollyanna12: al contrario di quanto accade ad esempio con gli standard inglesi, i commenti sono visibili a tutti e sono aperti a ulteriore commento da parte di altri utenti, configurando questa consultazione più che come una revisione come una sorta di débat public, per usare un’espressione particolarmente popolare al momento. In alternativa potete confezionare una serie di commenti e inviarli via e-mail a legislativo.segr@mit.gov.it.

BIM - commento


 

3. Contenuti

3.1 La bozza di decreto

Il decreto è un documento agile, nove articoli che affrontano i principali nodi critici ovvero:

  1. Art. 1 – Finalità
  2. Art. 2 – Definizioni
  3. Art. 3 – Adempimenti preliminari delle stazioni Appaltanti
  4. Art. 4 – Interoperabilità
  5. Art. 5 – Utilizzo facoltativo dei metodi e strumenti elettronici di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture
  6. Art. 6 – Tempi di introduzione obbligatoria dei metodi e strumenti elettronici di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture
  7. Art. 7 – Capitolato
  8. Art. 8 – Commissione di monitoraggio
  9. Art. 9 – Entrata in vigore

Di seguito alcuni dei capitoli che mi sembrano più interessanti. Trovate i miei commenti e le mie proposte di integrazione in questo stile grigio sottolineato, per distinguerli chiaramente da ciò che invece viene già esplicitato nel decreto.


Tra gli adempimenti preliminari troviamo:

  • piano di formazione del personale;
  • piano di acquisto software e hardware necessario;
  • atto organizzativo che espliciti il processo di controllo e gestione.

Fatta salva una piccola chiosa sul fatto che tutto ciò è previsto possa essere «anche a titolo non oneroso», sono tutti punti necessari. Personalmente aggiungerei:

  • piano di adeguamento infrastrutturale (fibra).

Non è realistico chiedere di varare un appalto in BIM a una stazione appaltante che non abbia l’infrastruttura tecnologica necessaria a scambiare e gestire grossi volumi di dati.


Nel campo dell’interoperabilità, viene ribattuto che:

  • le stazioni appaltanti utilizzano «piattaforme interoperabili a mezzo di formati aperti non proprietari», ovvero (nel caso di software di BIM authoring) stiamo parlando di software IFC-compliant (Revit, Archicad, Allplan ecc.);
  • i dati e gli elaborati devono essere riconducibili al modello informativo;
  • i flussi informativi e decisionali si svolgono all’interno dell’ambiente di condivisione dei dati.

A questi punti, condivisibili, si deve aggiungere un ragionamento sul formato aperto normato. La ISO 16739:2013 norma l’IFC e quindi si suppone che si faccia riferimento a questo formato, pur non nominandolo. Si noti però che l’IFC così come viene normato dalla ISO non è un formato ma uno schema concettuale di dati. Nella sua attuale declinazione tecnologica, l’IFC è un formato di interscambio che fornisce dati e geometrie disconnesse tra loro, per lo più usato come riferimento ma poco adatto per un successivo editing. Inoltre, come viene esplicitamente dichiarato dalla ISO stessa, si tratta di un formato strettamente pensato per gli edifici e manca delle categorie necessarie alle infrastrutture. Per quanto il punto 1 consenta di identificare software di authoring certificati, è consigliabile aggiungere un ulteriore punto riguardante l’obbligo di consegna, oltre al formato aperto, del formato nativo. Questo, come accade nelle altre nazioni che utilizzano il BIM regolarmente all’interno degli appalti, consente di snellire le successive operazioni di editing e fornisce alla stazione appaltante uno strumento di recupero dati e di verifica del dolo in caso di loro mancanza.


BIM in Italia - Timeline

I tempi di introduzione sono ciò che tutti stavano aspettando e sono così delineati:

  1. dal 2019: base di gara pari o superiore a 100 milioni €;
  2. dal 2020: base di gara pari o superiore a 50 milioni €;
  3. dal 2021: base di gara pari o superiore a 15 milioni €;
  4. dal 2022: base di gara pari o superiore alla soglia di cui all’articolo 35 del codice dei contratti pubblici, ovvero (riportato direttamente dal dl50):
    1. euro 5.225.000 per gli appalti pubblici di lavori e per le concessioni;
    2. euro 135.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati dalle amministrazioni aggiudicatrici che sono autorita’ governative centrali;
    3. euro 209.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali;
    4. euro 750.000 per gli appalti di servizi sociali e di altri servizi specifici
    5. euro 5.225.000 per gli appalti di lavori;
    6. euro 418.000 per gli appalti di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione;
    7. euro 1.000.000 per i contratti di servizi, per i servizi sociali.
  5. dal 2023: base di gara pari o superiore a 1 milione €;
  6. dal 2025: base di gara inferiore a 1 milione €.

Il termine “lavori complessi”, così come viene definita nel capitolo 1 del decreto, scompare dal 2022, incluso. Così come formulato al momento, questo significa che da quella data l’utilizzo della modellazione informativa sarà obbligatorio indipendentemente dal grado di complessità dell’opera e con il solo importo a base gara come discrimine.

BIM in Italia - progressione importi


 

La sezione dedicata al capitolato individua a grandi linee i contenuti di un Employer Information Requirements, cui è dedicato l’intero capitolo 6 della norma UNI 11337.

Il decreto si limita a elencare, come contenuto:

  • «i requisiti informativi strategici generali e specifici, compresi i livelli di definizione dei contenuti informativi, tenuto conto della natura dell’opera, della fase di processo e del tipo di appalto»;
  • «tutti gli elementi utili alla individuazione dei requisiti di produzione, di gestione e di trasmissione dei contenuti informativi, in stretta connessione con gli obiettivi decisionali e con quelli gestionali».

Viene inoltre esplicitato:

  • un obbligo di trasparenza verticale ai subappaltatori, che devono essere messi a parte del capitolato;
  • la necessità di mettere a disposizione la documentazione di gara in formato elettronico;
  • la necessità di andare verso un sistema in cui, a partire dalla data dell’obbligatorietà, tutta la documentazione cartacea sia riconducibile al modello.

Per quanto riguarda la definizione dei requisiti informativi, come ho scritto nella sezione pubblica dei commenti, una progressione logica che passi dagli obiettivi per la modellazione informativa all’interno dell’appalto attraverso i cosiddetti usi del modello fino ai requisiti sia informativi che geometrici degli oggetti.


 

La Commissione di Monitoraggio è un altro punto molto interessante introdotto dal decreto, Su tratta di un gruppo di osservazione «con il compito di monitorare gli esiti, le difficoltà incontrate dalle stazioni appaltanti in fase di applicazione del presente decreto, nonché di individuare misure correttive per il loro superamento, anche al fine di consentire l’aggiornamento dei dati e delle procedure di cui al presente decreto». Unica nota negativa? Dovrà essere nuovamente composta da volontari animati da puro spirito civico, perché da costituirsi «senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica».


4. Il domani che ci attende

«Allo stato attuale, a parziale eccezione della Danimarca e del Regno Unito, in attesa degli
esiti di alcune iniziative ministeriali in Spagna e, in misura circoscritta, in Germania, il
caso italiano si pone come significativo precedente sostanziale in termini di estensione
dell’obbligatorietà dei metodi e degli strumenti concernenti la modellazione e la
gestione informativa nell’ambito dei lavori pubblici in una direzione
che presumibilmente potrà essere successivamente percorsa da molti altri Paesi.»

Come giustamente illustrato nella relazione di accompagnamento, il percorso che ci viene posto di fronte si pone nel solco di un’opera legislativa altamente all’avanguardia portata che è iniziata in sede UNI e con il lavoro sul codice appalti e che continua in questa sede. Il decreto è un passaggio fondamentale, in questo senso, nel percorso di maturità che il nostro Paese sta compiendo verso il futuro del settore, che è necessariamente un futuro digitalizzato. La commissione di monitoraggio avrà un ruolo cruciale, in questo percorso, ma non dimentichiamo i passaggi che ancora mancano:

  • fondamentale l’apporto UNI per quanto riguarda il capitolato informativo, qui semplicemente accennato all’articolo 7;
  • sempre in sede UNI, significativi i “livelli del BIM” delineati rispetto alla relazione degli elaborati con il modello: si tratta di una relazione non banale e penso che il decreto non possa che giovare del lavoro già fatto;
  • fondamentale chiarire, almeno a livello macroscopico, il ruolo e la struttura del Common Data Environment, per il quale suggerirei quasi l’aggiunta di un capitolo;
  • necessario proseguire con un lavoro sui contratti, dando tutto il supporto possibile al gruppo di lavoro interdisciplinare tra Politecnico e Stata di Milano, capitanato da Sara Valaguzza, Giuseppe Di Giuda e Angelo Ciribini.

E come sempre cercheremo di dare il nostro contributo attivo.

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