X-men deluxe #156

Inarrestabile #5 (Unstoppable #5 da Astonishing X-men #23 del gennaio 2008). Una frase che si sente dire spesso è che ci sono autori che si amano o si odiano. Alle volte è vero. Solitamente è un modo come un altro per liquidare un dibattito. Più insolito invece è che ci siano autori che si possono […]


Inarrestabile #5
(Unstoppable #5 da Astonishing X-men #23 del gennaio 2008). Una frase che si sente dire spesso è che ci sono autori che si amano o si odiano. Alle volte è vero. Solitamente è un modo come un altro per liquidare un dibattito. Più insolito invece è che ci siano autori che si possono amare e odiare contemporaneamente. Per quanto mi riguarda, Whedon si è ormai classificato in questo modo.
Che cosa odio di Whedon? Presto detto. Odio il modo di procedere “per scotticidio”: è almeno la quarta volta che Scott sembra morto alla fine di un numero per poi apparire vivo e vegeto all’inizio di quello dopo: sta diventando una tradizione, ormai). Odio il gusto della battuta arguta ad ogni costo, anche quando il momento non è opportuno: senza nulla togliere alla battuta di Emma “I’m a diamond: I’m by definition my own best friend” (nulla a che vedere con la traduzione scialba che ci hanno propinato, in cui la variazione di registro e il tono squisitamente britannico di Emma vanno allegramente in vacca) decisamente non era il momento giusto per tirarla fuori. Odio l’incapacità che a tratti salta fuori facendolo perdere in un bicchiere d’acqua: che cosa significa, prendendo per buona la traduzione, che “la pietra è antica come la terra da cui è stata presa”? Le pietre sono tutte antiche, tranne quelle vulcaniche e sedimentarie particolarmente recenti, ma comunque è irrilevante: è l’incisione in sé che dovrebbe rendere perplesso Hank, perché antica ma così precisa da sembrar essere fatta con il laser.
Che cosa amo di lui invece? Come da un po’ di numeri a questa parte, amo la seconda parte. Quando si sveglia. Quando torna sui suoi passi mostrandoci il vero dialogo tra gli X-men alla fine del secondo numero (superlativo gigione Cassaday, che riusa le proprie stesse vignette per mostrarci quanto era stato bravo a delineare le espressioni facciali dei personaggi). Quando ci mostra uno Scott che, per quanto mi stia antipatico, è decisamente quello che dovrebbe essere sempre: abile stratega, combattente con gli attributi, leader d’acciaio (decisamente splendida l’ultima pagina).
Nota di traduzione: oltre a quella dei diamanti, di cui già ho parlato, qualcuno mi spiega perché “ready to take a dive” (ovvero, “sei pronta a buttartici” con il doppio senso di lancarsi in mischia ma anche di simulare un ko) è diventato “sei pronta per la commedia”, perdendo il doppio senso e spoilerando tutto alla grande?
Ultima nota sulle copertine: qualcuno mi spiega da dove hanno preso la copertina? Perché io ho trovato questa. Questa, al massimo, che è a francobollo nelle note di chiusura. Ma quella in copertina proprio no.
Ehi, aspettate! Leggo nelle note di chiusura, poste accanto ad una inutile pagina di check-list: «Concludo con un sentito grazie a Giuseppe Camuncoli per aver realizzato la copertina di questo numero. Avremmo dovuto utilizzare quella dell’Astonishing X-men #23 americano, ma ultimamente le cover di questa serie presentano sempre qualche effetto particolare che ci impedisce di inserire la scritta X-men Deluxe nella giusta posizione senza rovinare l’immagine.». Quasi mi commuovo di fronte alla sensibilità grafica che trapela da queste parole. E plaudo decisamente all’iniziativa di produrre una copertina originale per l’edizione italiana, sia ben chiaro: è cosa lodevole che andrebbe fatta più spesso e che aggiunge qualità al prodotto, emancipandolo un po’ dalla mera traduzione e ristampa. Tuttavia non posso fare a meno di domandarmi… perché mai dovrei trovare su un altro albo la copertina di questo?!? Ma soprattutto, perché per suddetta copertina non è stata sfruttata la pagina occupata dalla deliziosa quanto inutile check-list?
Ah, a proposito di copertine… avete visto che cosa ne hanno fatto di uno dei due pezzi mutilati dalla copertina di Endangered? E’ sullo sfondo della pubblicità. Bravi. Con l’altra parte invece? Ci avete incartato il prosciutto?

La caduta di Mercury #4 (Mercury Falling #4 da New X-men #36 del maggio 2007).
Storia godibile, specie nella parte d’azione, che si perde su un finale scontato e abbastanza trito con Emma che riporta alla luce i traumi infantili di Kimura. Ne facevo volentieri a meno.
Mi sarebbe anche piaciuto che si approfondisse un po’ meglio il legame tra Mercury e le creature perfezionate con i suoi tessuti, legame che viene mostrato solo in una fugace scena e in un paio di vignette successive. Satiro ne esce piuttosto bene come personaggio, in fin dei conti, ma mi dispiace che non ci sia stato il coraggio di mantenere Emma cinica e cattiva fino in fondo.
Ma archiviamo pure tutto ciò, peché nel secondo epilogo atterra un personaggio molto speciale che ci terrà compagnia nelle prossime storie. E’ tornata.

Nessun dominio (No Dominion, da X-Factor #16 dell’aprile 2007). Storia a dir poco splendida, con un Peter David nel consueto stato di grazia che ci mostra da un lato il seguito delle avventure francesi di Siryn e Monet, sempre più cattive e politicamente scorrette, e dall’altro il percorso di Madrox alla ricerca della sua interezza e dei suoi doppi da assorbire. Morale? Alle volte, per trovare il tuo equilibrio, devi perdere un pezzo della tua anima. Difficile riusire a dirlo meglio di così. E, se ancora qualcuno avesse qualche dubbio sul senso della storia, ci pensa il titolo. Man’s dominion? Sì, la scelta di non esercitarne alcuno.
Speculazioni filosofiche a parte, David non perde mai di vista il filo principale nemmeno in episodi autoconclusivi come questo e introduce costantemente nuovi elementi, e un nuovo personaggio sullo sfondo.
Bellissimi anche i disegni (solo io penso che le labbra della Monet schifata siano semplicemente fantastiche?) e la copertina, che dopo aver letto la storia assume tutta un’altra angolazione.

Cellula-X #1 (X-Cell #1, da X-Factor #17 del maggio 2007). Difficile dire qualcosa anche su questa storia senza ripetere ciò che ho già detto per quella precedente. Mi limiterò a spendere due parole sul grandioso personaggio del doppio-investigatore (“Quale parola non capisci? Più grande? Detective? O mondo?”), sul siparietto familiare iniziale (“bella mira, Steve”), la citazione cinematografica (“perché parli al plurale, viso pallido?”), la fine del doppio (“le sue ultime parole sono state una vecchia battuta, e non so se ridere o piangere. Faccio un compromesso: urlo”), la sempre deliziosa Layla (“non so tutto, se così fosse direi ‘Sono Layla. So tutto’ “), lo scambio Rictor-Rahne e l’aggancio con la scena successiva (“si mette male” – “non è male [il gelato]”), la relazione gelato – esercito, la citazione da Heroes (“devo salvare una cheerleader?”) e quella da Guerre Stellari (sto supponendo che in originale fosse “help me, you’re my only hope”).
Insomma, prima che arrivi qualcuno a berciare che questa roba fa schifo e siamo di bocca buona, prendiamoci il nostro tempo per dire ancora una volta che X-Factor è la testata dell’anno. Questo e quello scorso.

 

4 Comments

  1. Mi inchino davanti a te Shelidon… solo te potevi recensire così bene questo albo! concordo pienamente! Perché non apri un sito? Dove metti queste recensioni? :P

    X-Bye

  2. Troppo buono.

    Il sito in realtà è in costruzione: dovrebbe essere più che altro uno spazio di rappresentanza per il mio lavoro, ma non escludo sezioni più informali…

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