Come le città diventano grandi
«La questione non è sapere se il mondo è troppo triste per essere amato o troppo felice per non esserlo: la questione è che, quando si ama una cosa, la sua letizia è una ragione per amarla e la sua tristezza è una ragione per amarla di più. […] Supponiamo di essere di fronte ad […]
«La questione non è sapere se il mondo è troppo triste per essere amato o troppo felice per non esserlo: la questione è che, quando si ama una cosa, la sua letizia è una ragione per amarla e la sua tristezza è una ragione per amarla di più. […]
Supponiamo di essere di fronte ad una cosa senza speranza – per esempio, Pimlico. […] Se venisse fuori uno che amasse Pimlico, allora Pimlico […] si agghinderebbe come una donna quando è amata.
L’ornamento non è dato per nascondere cose di per sé orribili, ma per abbellire quelle che sono già adorabili.
Una mamma non mette al suo bambino un cravattino blu perché sarebbe brutto senza.
Un innamorato non regala alla sua bella una collana per nasconderle il collo.
Se gli uomini amassero Pimlico come le madri amano i loro figli, arbitrariamente, perché è loro, Pimlico in uno o due anni diventerebbe più bella di Firenze. […] Questo è il modo, di fatto, in cui le città divennero grandi. […] La gente cominciò prima a rendere onore ad un luogo, e poi guadagnò gloria in suo nome. Gli uomini non amarono Roma perché era grande. Roma fu grande perché gli uomini l’avevano amata».
Gilbert Keith Chesterton, Ortodossia