Ancora echi orientali da Locarno
…e altri articoli dal Manifesto, che sta seguendo il festival in modo approfondito. I paradossi dell’amore Piace sempre lo «stile japan» -Antonello Catacchio Locarno – Il festival ticinese è famoso perché stana sempre quel che di nuovo si agita nel magma della creazione cinematografica, anche ai confini della ricerca e della sperimentazione. Si spiega nell’ambito […]
…e altri articoli dal Manifesto, che sta seguendo il festival in modo approfondito.
I paradossi dell’amore Piace sempre lo «stile japan» -Antonello Catacchio
Locarno – Il festival ticinese è famoso perché stana sempre quel che di nuovo si agita nel magma della creazione cinematografica, anche ai confini della ricerca e della sperimentazione. Si spiega nell’ambito di questo solco il pardo d’oro che la giuria (Irène Jacob, Saverio Costanzo, Walter Carvalho, Jia Zhang-Ke, Romuald Karmakar e Bruno Todeschini) ha assegnato a Ai No Yokan (La rinascita) di Masahiro Kobayashi. Un film che dividerà, interamente centrato su due figure, una lei e un lui che, macchina fissa, raccontano una tragedia speculare. La figlia di lei ha ucciso una compagna di scuola, figlia di lui. Entrambi dichiarano di volersene andare. E finiscono nella stessa città. Lui come operaio in una fonderia, gesti sempre uguali, l’ingresso in fabbrica, i guanti, il lavoro, poi al pensionato, il bagno, la cena e in camera. Anche lei lavora al pensionato, in cucina, prende i vassoi, li piazza col cibo, li ritira, ripone nel lavello i piatti. Per un’infinità di volte gli stessi gesti vengono eseguiti, senza che venga detta una parola, sempre uguali, meglio ripresi con gli stessi movimenti di macchina, cambiano solo microscopici dettagli. Dopo un’ora i due, finalmente, si confrontano, si azzuffano, ma è l’inizio della rinascita. Cinema estremo quindi, esasperante, quasi ipnotico che ha irretito la giuria. Premio speciale invece per Memories, trittico sudcoreano diretto da Harun Farocki, Pedro Costa e Eugene Green, opera stilisticamente composita perché ogni regista ha lavorato sul suo personale registro, materiali d’archivio per Farocki, docu-drama per Costa e fiction per Green. Miglior regista Philippe Ramos con Capitaine Achab (anche premio Fipresci) rilettura personale di Melville e Moby Dick attraverso le memorie di personaggi che lo avrebbero conosciuto, in un melange che riesce nell’impresa di armonizzare elementi eterogenei. Migliore attrice Marian Alvarez, per lo spagnolo Lo mejor de mi; e va apprezzato il bizzarro ex aequo per l’interpretazione maschile attribuito a un mostro sacro come Michel Piccoli, già celebrato in questi giorni con un premio all carriera, ma anche interprete di Sous le toits de Paris e il giovane Michele Venitucci protagonista di Fuori dall corde. Non c’erano dubbi sul fatto che Piccoli fosse diverse spanne al di sopra di altri colleghi, ma che senso avrebbe avuto assegnargli l’ennesima statuetta da mettere sopra un caminetto sovraccarico? Così ecco spuntare un nome nuovo, un altro Michele, forse non il migliore tra gli altri, ma almeno si è deciso di dare un contributo per favorire chi la carriera l’ha iniziata da poco. Per il concorso cineasti del presente il premio è andato a Tejut di Benedek Filegauf, mentre il premio speciale è stato assegnato a Imatra del nostro Corso Salani. Quest’anno poi era anche previsto il premio opera prima (tra tutte le sezioni competitive) con apposita giuria che ha dato il suo riconoscimento all’italiano Tagliare le parti in grigio di Vittorio Rifranti. Un lavoro piuttosto interessante e inconsueto che fa comprendere come ci sia alle spalle la scuola di cinema (in questo caso di Olmi). È la vicenda di tre persone, due donne e un uomo, sopravvissuti a un incidente pauroso in cui molti sono morti. Si ritrovano in ospedale, dopo avere provato l’esperienza del coma, e tra loro nasce un rapporto strano quasi morboso, che prosegue anche dopo la dismissione dall’ospedale. La riappropriazione del corpo, della sessualità, di sè come entità diventa il loro problema, che trova uno sbocco nella fascinazione per la body art. Ma i tre, pur avendo diverse cose in comune, hanno temperamenti e caratteri che non consentono scelte univoche. Un lavoro di scavo umano e suggestioni che esplodono nel sangue e nel sesso quasi divorato animalescamente. Premio del pubblico per i film della piazza a Death at a funeral di Frank Oz, i cineclub e la giuria ecumenica si sono invece orientati verso La Maison jaune di Amor Hakkar, segnalato anche dalla giuria dei giovani studenti, inseme a Slipstream di Hopkins, a Freigesprochen di Peter Payer e a Haiti Chérie di Claudio Del Punta. Grande festa in piazza quindi per la consegna dei premi, seguita dalla proiezione di Winners and Losers di Lech Kowalski, un documentario sulla finale di coppa del mondo di calcio 2006 tra Italia e Francia, che non mostra la partita. Solo il pubblico alla tv, italiani e francesi, a casa, nei bar, in piazza che mostrano le loro emozioni, che urlano, bevono, chiacchierano, un piccolo trattato di antropologia culturale che riesce a essere anche divertente.