Fletto i muscoli e sono architetto

Ovvero, per laurearsi occorre avere poteri cosmici e anche qualcosa in più. Era una notte buia e tempestosa e avevo promesso a Lui che l’avrei accompagnato al concerto dei Pet Shop Boys (altra storia) così, a una tavola dall’agognato traguardo di termine lavori, ci lanciamo in una folle spedizione verso la ridente località di Bollate, […]

Ovvero, per laurearsi occorre avere poteri cosmici e anche qualcosa in più.

Era una notte buia e tempestosa e avevo promesso a Lui che l’avrei accompagnato al concerto dei Pet Shop Boys (altra storia) così, a una tavola dall’agognato traguardo di termine lavori, ci lanciamo in una folle spedizione verso la ridente località di Bollate, patria della polvere, dell’umidità e, soprattutto, delle zanzare.


Sue Storm mentre crea un campo di forza attorno a me
per proteggermi dagli insetti emofagi

Nell’ora e mezza di concerto, di cui spero di poter parlare a breve, ho ammazzato diciotto zanzare e ho guadagnato undici punture, di cui una sul fianco sinistro grande più o meno come lo stato di New York. In più la mia automobile, parcheggiata in uno di quei ridenti parcheggi sterrati propri di zone civilizzate quali appunto Bollate, è ora ricoperta da uno spesso strato di polvere che la fa somigliare da vicino a un golem di Jehuda Löw (ma senza emet in fronte, anche se si potrebbe sopperire sostituendola sul cofano al tradizionale lavami).
In più, non mi trovavo nelle condizioni psicofisiche ottimali. Il giorno stesso infatti, come vi ho detto, affrontavo indomita la calura estiva. Ora, io mi domando, per quale motivo una persona che ha la possibilità di scegliere l’orario in cui fissare un esame sceglie le 14.30 di un pomeriggio della settimana più calda di luglio? La risposta era sotto il mio naso e non la vedevo. Perché ha intenzione di non presentarsi, naturalmente!
L’atmosfera, nel caldissimo edificio dell’università, era come sempre da rimpatriata: gente di anni diversi, anche iscritta a corsi diversi, non si vede per mesi e mesi ma ad ogni tornata di appelli, puntuale, si ritrova alla porta di Teoria e Progetto di Costruzioni e strutture, a tentare la fortuna ed a sperare che questa sia quella volta in cui i compiti vengono corretti, i voti non vengono persi, gli studenti vengono promossi e i risultati vengono verbalizzati. E tutti noi, aggrappati al sogno di quella fortunata coincidenza di circostanze, boccheggiavamo alle 14 di fronte a quella porta, attraverso cui i più mattinieri erano stati cacciati perché l’assistente doveva risistemare l’aula (che ha banchi avvitati al pavimento e panche fisse). L’assistente. E il professore non c’era.
Mentre l’orda barbara dei rimandati veniva chiamata all’interno, uno ad uno, io indugiavo nel pensiero che mi attanaglia da un anno (ovvero da quando mi manca di fatto solo questo esame per laurearmi): perché non mi sono iscritta a design, dove queste schifezze di fisica statica non ci sono?


Bobby Drake, accorso per mettimi le mani gelate nel collo

In aula faceva un caldo atroce. Forse è perché, nonostante sia esposta su due lati con buone possibilità di aria corrente, le finestre di legno sono bloccate da decenni (se mai sono state aperte). Forse perché, se anche le finestre fossero aperte, la vicinanza millimetrica di altri due edifici ben più alti impedirebbe al minimo refolo di farsi strada sui nostri sudati colli. Forse perché l’oculata angolazione dei due suddetti edifici consente al sole delle ore più calde di picchiare indisturbato martellate furibonde sulla facciata (che forse per questo motivo è da mesi in fase di restauro). Forse perché suddetta facciata, in un impeto di ecosostenibilità e buon gusto, è rivestita di quelle odiose minuscole piastrelline.
Io mi dimentico la calcolatrice, l’assistente si dimentica di consegnarmi il testo del compito. Uno pari.
Quando finalmente riesco a mettere gli occhi sul compito, vedo che è lungo. E non facile. come si calcola il baricentro di un sistema di masse? E le reazioni vincolari di un portale? E il grafico di T, N e M di quell’odiosa trave? E come si verifica l’ammissibilità degli sforzi? Questo me lo ricordo, ma tutto quanto il resto… Mi ero preparata lo schema di tutto, ma – al contrario del solito – gli appunti non si possono consultare. E trovare qualcosa su quei libri sparpagliati, confusionari e scritti a mano è un’impresa titanica. L’assistente avrà anche ragione: se consultiamo i libri è perché non siamo preparati. Ma come si fa ad essere preparati quando – con licenza parlando – non capisci una fava dei principi su cui si regge l’intera disciplina? E, peggio, come si fa a capire quando – sempre con licenza parlando – di suddetti principi non t’importa una fava? Posso firmare una dichiarazione in cui prometto di non costruire mai nulla senza il mio ingegnere accanto e saltare questo esame odioso?
In ogni caso, pomeriggio isterico e ritorno a casa accaldato, per un altro viaggio isterico fino a Bollate e il concerto giusto nel momento sbagliato. Amici di Lui, venuti su da Roma apposta per il concerto e che dormivano con noi, si svegliano alle sei e mezza del mattino per tornare nella Capitale. Ho sotto gli occhi due borse grandi come il Wisconsin, mi voglio alzare alle sette per essere in università alle otto, all’apertura della copisteria, e stampare tutto il materiale necessario per l’esame di laboratorio. Vogliamo negarci mezz’ora di sonno? Grave errore. Mi sveglia una premonizione alle otto meno dieci, e sono molto più assonnata di prima.


Mystica mentre tenta di prendere le mie sembianze
per andare a dare l’esame al posto mio

Di corsa mi vesto, agguanto i modellini, il computer e la borsa e mi trascino verso la fermata della metropolitana, affondando con i tacchi nell’asfalto già bollente. Durante la giornata ce li rimetterò, quei tacchi, probabilmente persi nelle viscere di chissà quale marciapiede, e passerò il resto del pomeriggio ticchettando con i chiodi sul selciato, raccogliendo brandelli di altro asfalto bollente e dando corpo, ne sono certa, ad una nuova forma d’arte. Ma procediamo con ordine. Alle otto e trenta, come previsto, la copisteria è già adorna di una fila infinita per stampare: decine e decine di pellegrini portano chiavette USB e hard-disk in dono al Grande Nume di Metallo che le inghiotte, producendo tavole in ordine sparso con forme e dimensioni piuttosto arbitrarie rispetto ai settaggi originari. Segue un allegro scambio di opinioni con una fanciulla abbigliata con l’eleganza di un Eminem che si è vestito al buio nell’armadio di sua madre, signorile come Simona Ventura e avvenente come Pippo Baudo. Seguono due ore di coda che mi portano magicamente dalle otto e trenta alle dieci e trenta (con esame alle dieci), con il sottofondo musicale di Mtv che non trova niente di meglio se non passare Rihanna con il suo odioso U can stay under my umberellah ellah ellah ellah eh eh eh eh ah ah ah ah.
Dopo lunga e penosa sofferenza, che mi ha vista in adorazione del plotter insieme ad altre due fedeli nell’attesa che la Divinità Meccanica sputi benevolmente fuori il dovuto, riesco a stampare le mie tavole. Pago il mio tributo in sangue e carne (più 66 €) e mi reco trafelata verso la porta dell’aula dove solitamente si svolge la lezione. E qui ha luogo la tragica rivelazione.


Emma Frost, intenta a proiettare nella mia mente
le mie peggiori paure, rendendole reali

L’aula è vuota. Vuota come il mio stomaco.  Di fronte ad essa, cinque anime in pena dal volto conosciuto.
– "Ma l’esame non c’è?"
– "Dovrebbe, ma non è ancora arrivato nessuno."
Di solito sono puntuali: molto strano… conviene andare a controllare nella bacheca avvisi del COS, sai mai che abbia spostato l’aula.
Ora, qualche parola sul C.O.S. va per forza spesa. Innanzitutto qualcosa sull’uso ossessivo delle sigle. Contagiate dai peggiori sceneggiatori Marvel (che negli ultimi anni ci hanno regalato lo S.H.I.E.L.D., lo S.W.O.R.D., l’H.Y.D.R.A., la O.N.E. e chi più ne ha più ne metta), le alte sfere del Politecnico ci affliggono ormai da anni con C.E.D.A.T. e C.E.D.A.R., D.I.A.P. e D.I.A.M., C.E.S.T. e .B.E.S.T. Alla luce di questo, non vi stupite che C.O.S. significhi Centro Orientamento Studenti. A dire il vero, dovrebbe chiamarsi C.D.S. (Centro Disorientamento Studenti) o C.D.C. (Centro Disorientati Cronici): coloro che dovrebbero detenere le Chiavi del Regno, infatti, per lo più sono stagisti che si avvicendano al posto ogni due mesi, ignari delle competenze di base per utilizzare la macchinetta infernale che è stata loro messa davanti nonché del tutto disorientati sulle regole di base della buona educazione. Al mio arrivo infatti, e appurato che la bacheca avvisi non recava nemmeno l’ombra dell’esame che ci interessava, la leggiadra e pimpante signorina si era assentata (lavorano così tanto che una pausa è sacrosanta) e non ha ritenuto opportuno ritornare sul posto di lavoro se non un quarto d’ora dopo, per annunciarmi con leggiadria che "non risultava nessun iscritto all’esame e quindi non era stata fissata l’aula". Giorni di lavoro, ore di sonno e soldi buttati alle ortiche.


Jean Grey che sfoga tutta la mia rabbia e frustrazione

Mi siedo sconsolata su una rovente panchina metallica del Politecnico e guardo il mio modellino, che mi guarda di rimando.
– "Allora, niente?"
– "Eh, niente…"
E non è tanto grave parlare con un modellino. E’ grave quando il modellino risponde.
Frustrate le mie ambizioni di togliermi di mezzo anche questo esame, chiamo Lui e nel bel mezzo della conversazione il telefono si spegne. La batteria è esaurita. Esaurita come me. Posso comunque pranzare e poi assistere all’altro esame, mi dico. Povera illusa.
Dopo aver scarpinato indietro dal ristorante, riesco a penetrare nell’edificio di ingegneria, il vecchio politecnico, dove si trovano le aule in cui, secondo il sacro verbo del COS, dovrebbe svolgersi l’esame che mi interessa. E sbatto contro un pinguino.
– "Oh, scusa."
– "Devoandaredevoandaredevoandare."
Non è grave vedere i pinguini. La cosa grave è quando si passa in un edificio mezzo vuoto (gli ingegneri fissano i loro esami in giugno e poi vanno in vacanza) da un rovente edificio pieno e vi si trova la temperatura adatta per questi simpatici animaletti. Pareti di una volta, spesse un braccio. Posizione ottimale e molto verde attorno e all’interno. Temperatura passabile all’aperto e addirittura fresca nelle vecchie aule. E noi a fondere nella nostra splendida, nuova facoltà.
Mi inerpico fino al secondo piano, mi affaccio nell’aula e…


Siryn, intenta ad urlare il mio disappunto

…l’esame è stato questa mattina alle 11. Gli iscritti sono stati avvisati tramite e-mail privata. Il COS evidentemente no.
Bestemmio tra i denti.
Dove posso trovare il materiale documentale dell’esame?
Copisteria Cazzamali.
Altra bestemmia.
Ora, a costo di attirarmi addosso una querela facendo nomi, vorrei sapere cos’ha di tanto speciale questa copisteria Cazzamali o, meglio, di chi sono parenti i titolari. Tutti i professori la scelgono per lasciarvi le loro dispense, ed è un ameno luogo dotato di tutti i confort tra cui:

  1. i proprietari tra gli esseri più antipatici e indisponenti che abbiano calcato la superficie del globo terracqueo;
  2. le tariffe più alte che mai si siano viste in una copisteria;
  3. le macchine più vecchie e peggio tenute nel raggio di duecento chilometri, che l’ultima volta mi hanno prodotto fotocopie macchiate e stampe disallineate;
  4. l’arredamento più scialbo e deprimente dopo quello della Lidl.

In compenso è lontanissima e scomodissima, soprattutto da raggiungere a piedi, ed è una cosa che con il caldo di oggi pomeriggio riconcilia con l’Altissimo.
Inutile dirvi che, dopo aver incespicato fino alla suddetta copisteria, le dispense non c’erano.


Wanda, intenda ad alterare le probabilità
che qualcosa vada storto anche al prossimo appello…

14 Comments

  1. quando ero all’ università l’ iscrizioni venivano fatte giorni prima non succedeva mai di poter arrivare al esame senza sapere se aveva abbastanza iscritti è anche vero che praticamente non ho mai dato esami a luglio,solo 1 il 7.io fari cauasa al professore per danni

  2. Sì, her, è una storia vera purtroppo…

    Ragno, il sistema informatico invece di aiutarci sembra ci abbia boicottato, principalmente perché è gestito in modo ignobile…

  3. arrivo con giorni di ritardo.

    povera… però il commento delle tragicomiche disavventure (perchè a senso unico) è mi-ti-co! come direbbe un certo homer

    p.s. manca foto del tuo tacco…

    ilcavalierelettrico

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