Guida veloce a Edimburgo
Per chi me l’ha chiesta, augurandole una buona permanenza nonostante l’orso, ecco una guida rapida a Edimburgo, per godersela in pochi giorni anche se non avete un Cotton ad accompagnarvi. .. Cosa vedere (in città) Il National Museum In un colossale edificio ottocentesco che trova il suo apice nella gigantesca Grand Hall di acciaio e vetro, […]
Per chi me l’ha chiesta, augurandole una buona permanenza nonostante l’orso, ecco una guida rapida a Edimburgo, per godersela in pochi giorni anche se non avete un Cotton ad accompagnarvi.
..
Cosa vedere (in città)
Il National Museum
In un colossale edificio ottocentesco che trova il suo apice nella gigantesca Grand Hall di acciaio e vetro, il museo offre un vasto assortimento di gallerie e percorsi tematici, per tutti i gusti. Le sezioni si sviluppano verticalmente mentre la distribuzione è orizzontale: è possibile quindi visitare solo uno dei “settori” ma anche girovagare per piano, alternando le varie sezioni che procedono più o meno in parallelo attraverso le epoche.
1. Grand Gallery, Discoveries and Window on the World. La porzione centrale del museo, sotto alla grandiosa volta, in cui sono esposti elementi rappresentativi dell’intera collezione insieme a un piccolo gruppo di temporanee: l’esposizione dei giocattoli, le novità, i tessili.
2. Art and Design galleries. Temporaneamente chiusa per lavori di ampliamento della collezione, riaprirà nel 2016 con dieci nuove gallerie.
3. Natural World galleries. La sezione naturalistica, con uno scheletro di T-rex alto dodici metri a guardia e altri dinosauri tutti intorno, incluso un osso che evidentemente non si sapeva bene dove mettere. Un cranio di Triceratopo, un intero Stegosauro, insieme ad altri animali impagliati in pose più o meno elastiche. E poi minerali, diorami e schemi astronomici. Il paradiso per il bambino di otto anni che è in voi.
4. Scottish History and Archaeology galleries. Decisamente la sezione più interessante del museo, contenente alcuni dei pezzi più interessanti della storia di Scozia dal Paleolitico, al livello sotterraneo, a oggi: reperti dell’età del ferro, vestigia di epoca romana come la leonessa di Caramond, i celebri scacchi di Lewis, una copia della tomba di Mary conservata all’Abbazia di Westminster, un minibar da viaggio appartenuto al principe Charles Edward Stewart, fino a “reperti” dei giorni nostri come la Victoria Cross assegnata al cornamusiere Saniel Laidlaw per avere accompagnato i suoi compagni durante l’intera battaglia di Loos, nel 1915.
5. World Cultures galleries. Altrimenti soprannominata “la sezione dell’impero”, contiene reperti e suggestioni dal mondo: da vedere, in particolare, l’opera di George Nuku sulla grande barca maori appesa sulla doppia altezza. Se avete tempo (e voglia), guardatevi la sua testimonianza su uno dei molti totem interattivi, e scoprite come il perspex possa integrarsi con la cultura maori per i materiali.
Il parco che fu palude
Proprio al centro della città si stende un avvallamento che parte dal monumento a Walter Scott, per gli amici Barad-dûr, e arriva fino ai piedi del castello. Si tratta dei Princes Street Gardens, creati tra il 1770 e il 1820 al posto di quello che generosamente i locali chiamavano Nor Loch ma che di fatto, più che un lago, era una palude.
Oggi, oltre al già citato monumento a Sir Walter Scott, merita una menzione almeno il gruppo The Genius of Architecture crowning the Theory and Practice of Art, di William Brodie. Se siete abbastanza fortunati da visitarlo d’inverno, il giardino viene “vestito” con il cosiddetto Winter Wonderland.
Il Castello
Occupato da un insediamento umano sin dall’età del ferro, è uno dei più caratteristici landmark di Edimburgo. Le prime testimonianze di un castello in questa posizione, che domina la città, risalgono all’epoca di re Davide I di Scozia (quello che vedeva i cervi bianchi da ubriaco, ricordate?) e la rocca è rimasta una residenza reale fino al 1603 quando le corone vennero unificate e Giacomo IV di Scozia divenne Giacomo I d’Inghilterra. Per ovvi motivi, il castello andò declinando fino ad essere riconvertito ad avamposto militare intorno al XVII secolo. Ebbe ruoli predominanti nelle guerre d’indipendenza del XIV secolo fino alla rivolta giacobina del 1745. In epoca romantica ne venne riscoperta l’importanza
Al suo interno, oltre a luoghi da visitare come la Great Hall e la Saint Margaret’s Chapel, che si vanta di essere l’edificio più antico di Edimburgo, anche una manciata di piccoli musei: The Honours of Scotland, che ospita i gioielli della corona nascosti a Cromwell e riscoperti da Walter Scott, i modellini delle “ristrutturazioni” proposte per il castello in epoca romantica (nella Argyle Tower), il museo del cannone che spara ogni giorno all’una del pomeriggio, il National War Museum, lo Scottish National War Memorial e un paio di musei del reggimento, insieme a una ricostruzione sulle condizioni di vita dei prigionieri nei vari locali che in varie epoche sono stati adibiti a carcere militare.
La visita del complesso può durare dalle due alle cinque ore, a seconda del vostro grado di approfondimento.
Holyrood
L’area dove Edimburgo finisce, all’improvviso, contro la sua area verde piantata proprio al centro. La zona ospita la Holyroodhouse, la residenza reale, proprio vicino alla mostruosità (il palazzo del parlamento di Miralles): qui vengono ospitate mostre temporanee di pittura (vedi più avanti) e, se è il vostro genere, è possibile visitare gli appartamenti di stato. In questa zona si trova anche un curioso museo della scienza in tensostruttura, Our Dynamic Earth, probabilmente meta della nostra prossima visita.
Cosa vedere: esposizioni temporanee (sempre in città)
Scottish Artist (1750-1900): from Caledonia to the Continent
Un’esposizione di pittura che esplora le opere di artisti scozzesi che hanno cercato ispirazione all’estero o nei mondi fantastici di ispirazione romantica, come Allan Ramsey e sir David Wilkie, o che ostinatamente hanno dipinto i paesaggi natali della Scozia, come James Giles. Da Giorgio III alla regina Vittoria, la mostra esplora anche il patrocinio reale all’arte scozzese.
Dove: The Queen’s Gallery a Holyroodhouse, vicino a quella mostruosità che è il palazzo del parlamento
Quando: dal 6 agosto al 7 febbraio
Photography: A Victorian Sensation
Una storia tecnologica della fotografia vittoriana, con opere dall’esposizione universale del 1851.
Dove: National Museum
Quando: dal 19 Giugno al 22 Novembre
Cosa mangiare
Haggis
Il cibo nazionale è questo insaccato di interiora di pecora, pesantemente speziate, che viene bollito in acqua come un cotechino e servito “a fette” (o lo sarebbe se non scappasse da ogni parte una volta tagliato). Nonostante la descrizione possa sembrare poco appetitosa e nonostante possa avere pesanti ricadute sulla vostra efficienza gastro-enterica, è da provare almeno una volta per il suo particolarissimo sapore che difficilmente troverete fuori dalla Scozia. Consigliato, più che agli appassionati di carne ovina, agli estimatori di cibi mediorientali: la quantità di spezie usate nell’impasto è decisamente ragguardevole.
Oltre a venire servito con il purè, i pub lo fanno in polpettine impanate e fritte (perché non era ancora abbastanza): le cosiddette haggis fritters. Viene anche utilizzato come spalmabile.
Per chi si sente poeticamente ispirato, Robert Burns scrisse una poesia dedicata a questo piatto: Address to a Haggis.
Fair fa’ your honest, sonsie face,
Great chieftain o’ the puddin’-race!
Aboon them a’ ye tak yer place,
Painch, tripe, or thairm:
Weel are ye wordy o’ a grace
As lang’s my airm.
..
Pulled Pork
Cibo da strada tipico della zona, anche se meno celebre del precedente, è quello che è stato definito un figlio illegittimo (molto illegittimo) del kebab e della porchetta. Straccetti di maiale arrostiti vengono serviti all’interno di una pagnotta e conditi con haggis spalmato e/o altre salse. Il luogo per cibarsi di tutto ciò è l’Oink, un piccolo locale in Grassmarket (Victoria Street 24) che ha recentemente aperto una sede leggermente più grande in Canongate (al numero 82).
Dolciumi
L’offerta locale è vasta, a cominciare dagli Shortbread (quei panetti di burro che si fingono biscotti). Un dolciume meno ovvio è il fudge, di cui sia gli americani che i britannici rivendicano l’invenzione, ovvero una miscela esplosiva di caramello, zucchero, latte, burro e crema, servito a temperatura ambiente. Il sapore tradizionale è quello della mou, o del dolce di latte sudamericano, ma ha una consistenza più morbida e qui viene mescolato con una miriade di altri ingredienti tra cui il cioccolato, il caffè, la menta. Il luogo più rinomato per acquistarne a Edimburgo è la Fudge House, che ha un’offerta di qualche decina di gusti diversi.
Dove mangiare (e bere)
Non mi è possibile consigliare dei veri ristoranti, ma il Regno Unito è un luogo in cui è possibile trovate buoni luoghi in cui mangiare semplicemente con un poco di osservazione, e in cui è difficile non trovare almeno una porzione di pie che meriti di essere mangiata. Mi limiterò quindi a qualche locale caratteristico per il luogo o di interesse storico. Oltre naturalmente ai già segnalati Fudge House e Oink. I luoghi migliori da battere per trovare un locale sembrano essere Rose Street e Grassmarket, in cui si ha veramente solo l’imbarazzo della scelta.
Clarinda’s
Una sala da tè inglese che più inglese non si può, tradizionalmente appartenuta alla musa di Robert Burns, la poetessa Agnes Maclehose detta Clarinda. Il luogo serve diverse qualità di tè in tazzine vittoriane spaiate, e offre la tradizionale selezione di dolci: rubharb pie e scones con burro e panna.
69 Canongate, Edinburgh EH8 8BS, UK
+44 131 557 1888
The Last Drop
Significativamente corredato da un’insegna con forca e cappio, questo pub si trova in Grassmarket, di fronte a dove tradizionalmente venivano erette le forche nei periodi più impegnativi della storia scozzese. Naturalmente non manca il fantasma, e stupisce poco che i clienti ne abbiano visto uno.
74-78 Grassmarket, Edinburgh EH1 2JR, UK
+44 131 225 4851
The White Hart
Accanto al Last Drop, deve il suo nome a circostanze più romantiche: si dice che un venerdì santo del 1128, probabilmente dopo molte pinte di birra, re Davide I di Scozia uscì a caccia nell’attuale Holyrood Park nonostante gli ammonimenti del suo confessore. Seguì consueta apparizione di consueta cerva bianca tra le cui corna comparve consueta croce fiammeggiante, da cui il nome del pub (che probabilmente fornì le troppe birre da cui ebbe origine il tutto). Si vanta di essere il pub più antico di Edimburgo: alcune porzioni di edificio risalirebbero al 1516 mentre le più recenti sono documentate nel 1740.
34 Grassmarket, Edinburgh, EH1 2JU
+44 0131 226 2806
Dove comprare
Build-a-bear
Un celebre laboratorio dove potrete farvi costruire il vostro orsacchiotto scegliendo dalle “pelli” messe a disposizione, facendovelo imbottire (a scelta con incorporando un pulsante sonoro all’interno della zampina) e completando l’opera con un vasto assortimento di accessori. In queste settimane di angosciosa tensione che precedono l’uscita del nuovo Star Wars, potrete consolarvi preventivamente con un orsetto vestito da C1P8, da Darth Vader o da Stormtrooper. In alternativa, costumi tradizionali scozzesi o altre icone della cultura popolare.
Antiquariato e vecchi libri
In West Port Street, una lunga sequenza di librerie antiquarie vi consentirà di perderci un’intera giornata. L’offerta è veramente vasta. Noi ci siamo fermati al The Armchair Books, dove abbiamo messo le mani su alcune vecchie edizioni illustrate di Tolkien e, personalmente, su una qualche versione più tarda – ma non troppo – di quel At the Back of the North Wind del 1871 illustrato da Arthur Hughes.
Tartan
La tipica stoffa scozzese di pura lana è acquistabile un po’ ovunque, soprattutto nella via che scende dal castello, il Royal Mile. Il luogo con la maggiore offerta sembra essere il Tartan Weaving Mill, proprio accanto: tre piani di sciarpe, stole, kilt e mantelle, con un’esposizione di telai al piano di sotto. Se riuscite a superare lo schieramento di turisti.
Cosa vedere (fuori città)
La Rosslyn Chapel
Fondata nel 1446 da Sir William Saint Clair, che in Terra Santa doveva averne fatte veramente di grosse, la cappella è celebre per le sue fittissime decorazioni, scalpellate nella pietra arenaria, e per essere stata tirata in mezzo da uno dei best-seller della nostra sfortunata epoca.
La sua costruzione ha richiesto circa quarant’anni e avrebbe dovuto essere il primo blocco di un edificio più ampio, che non venne mai ultimato per la morte del committente e per la probabile crisi isterica degli scalpellini. Una di queste crisi isteriche è narrata nell’episodio legato ai due pilastri dell’altare: il primo, squadrato, regolare, è il mason’s pillar, il pilastro realizzato dal maestro, che subito dopo partì in cerca di ispirazione. Sulla destra, il pilastro che il suo apprendista realizzò in sua assenza: una sontuosa colonna con decorazioni tortili, quasi gaudiana, all’avanguardia per l’epoca. Si narra che il maestro, al suo ritorno, aprì la testa all’apprendista con un colpo di mazza. E che venne quindi impiccato per il crimine. Le loro figure sono entrate a far parte delle decorazioni, insieme a santi e demoni, crocifissioni, simboli pagani come l’uomo verde tanto popolare da queste parti, sarabande di danze macabre e allegorie dei vizi capitali, angeli con le cornamuse, rappresentazioni di Satana, cammelli e un canguro di aggiunta tardiva. All’esterno sono ancora leggibili le vecchie porte murate e gli archi mai prolungati del progetto originario.
Sotto alla cappella, una piccola cripta in cui si dice siano stati sepolti i primi signori di Rosslyn. All’esterno invece, una grande stele di arenaria traforata segna il luogo in cui venne sepolto il quarto Earl, prima di una lunga serie di sepolture nel giardino circostante la cappella.
Un restauro iniziato nel 1996 e terminato nel 2012 ha consentito di riportare parti della cappella alla loro gloria originale: l’arenaria è una pietra solubile, difficile da conservare e ancora più difficile da pulire, e un pannello informativo all’esterno vi mostrerà alcune delle tecniche che sono state utilizzate in questa difficile impresa, dal laser all’iniezione di resine acriliche tra le crepe causate dall’acqua.
Nelle vicinanze, a pochi passi lungo un sentiero nella brughiera, è possibile visitare anche ciò che resta del castello di Rosslyn: la gran parte della roccaforte è stata distrutta durante la cosiddetta guerra del brutale corteggiamento, nel 1544, e poi da Cromwell nel 1622. Oggi è ancora in possesso del Conte di Roslin, che lo noleggia come residenza di vacanza. La parte sana e non visitabile, s’intende.
Il Linlithgow Palace
Interessantissimo mucchio di rovine: quattro ali di edificio a corte quadrangolare, che offrono alla corte interna quattro fronti di epoche e stili diversi e che si sviluppano in un’irregolarità imbarazzante di piani, pianerottoli, mezzanini, gallerie, corridoi e contro-corridoi.
Le prime testimonianze di una residenza reale risalgono al XII secolo, ma il primo edificio di cui conosciamo la forma è quello noto come “the Peel”, costruito dagli invasori inglesi nel XIV secolo sotto Edoardo I. Tuttavia nulla rimane oggi: le parti più antiche del palazzo odierno sono quelle edificate sulle fondamenta della roccaforte originale, iniziate nel 1302 sotto la supervisione di Jacques de Saint-Georges d’Espéranche, architetto di fiducia di Giacomo I. Il castello venne ultimato un anno dopo e di questo edificio originale si conservano oggi l’intera ala est e parte di quella sud. L’entrata avveniva allora da est, attraverso un monumentale fossato scavato da un totale di 60 uomini e 140 donne i cui nomi sono conservati nei registri dell’epoca. Nel 1442, la città di Linlithgow venne parzialmente distrutta da un grande incendio e la ricostruzione vide anche la fondazione della chiesa di St Michael, poco a sud delle mura del palazzo, ma l’ingresso al maniero avveniva ancora attraverso il ponte levatoio orientale. L’entrata meridionale non sarebbe stata aggiunta che nel 1535 da Giacomo V. Al guazzabuglio infernale si aggiungono corpi di fabbrica in epoche diverse e ai diversi piani, ed è tutto così complicato che una vita non basta a raccontarlo. Dopo tanta fatica, il palazzo venne progressivamente abbandonato: un poema del 1641 ci narra che all’epoca il tetto della Great Hall era già andato, anche se ciò non impedì al Bonnie Prince Charlie di celebrare la propria visita facendo funzionare a vino la fontana grande del cortile, nel 1745. L’edificio ricevette il colpo di grazia dal Duca di Cumberland, che lo bruciò nel 1746.
Colonna sonora consigliata