Paolo Ferrucci, Mistero etrusco. Milano: Sylvestre Bonnard, 2007.
Ok, l’ho finito. Anzi, a dire la verità ieri sera ho fatto le ore piccole per finirlo perché superata la metà non c’è stato più verso di smettere finché non avessi scoperto chi fosse l’assassino. Ma procediamo con ordine. Gli spoiler, anticipazioni inopportune sulla trama, saranno scritti in bianco, così: spoiler. Basterà selezionare con il […]
Ok, l’ho finito. Anzi, a dire la verità ieri sera ho fatto le ore piccole per finirlo perché superata la metà non c’è stato più verso di smettere finché non avessi scoperto chi fosse l’assassino. Ma procediamo con ordine. Gli spoiler, anticipazioni inopportune sulla trama, saranno scritti in bianco, così: spoiler. Basterà selezionare con il cursore per leggere che cosa ci sia scritto sotto.
Ma procediamo con ordine.
I personaggi
Della ventina di ben delineati, sia i principali che i secondari, mi sono subito affezionato a Lester Howe, il paleografo gallese in crisi esistenziale protagonista di buona parte del romanzo. Simpatico, prontezza di spirito qb, il suo modo di fare e di pensare è simpatico immediatamente e, da quando intraprende le indagini per conto proprio, l’assiduità della trama ad indugiare nei suoi pensieri lo porta ad un livello eccezionalmente umano, di grande caratterizzazione pur senza eccessive divagazioni psicologiche. Tutti gli indizi, le mezze parole, i piccoli aneddoti e pensieri gettati lì nell’affresco corale della prima parte del libro tornano a galla ricomponendosi nel disegno organico di un bellissimo personaggio.
Il secondo posto tra le mie simpatie va ad Aristide Fazzini, creatura assolutamente geniale con i suoi discorsi profondissimi che nessuno mai ascolta e la sua fissazione per la misurazione dell’esistente attraverso il magnetismo. Con il suo manipede – che devo assolutamente decidermi a disegnare come si è delineato nella mia mente, appena ho tempo, per sapere se coincide con l’idea dell’autore – il suo manalare seminudo e la sua genuina bontà d’animo, è un personaggio come se ne potrebbero incontrare ad ogni angolo, se solo li si volesse riconoscere.
Terzo posto, a sorpresa, se lo guadagna Sergio Fanelli, il secondo morto ammazzato, con la sua ossessione amatoriale per gli etruschi. Non so nemmeno io perché.
In secondo piano, ma comunque ben caratterizzate e gradevoli, la bella Vanessa Romanelli con le sue esitazioni, la prorompente Marina Lazzeri sulle cui forme l’autore indugia quasi fosse lui ad essersene invaghito, il folle Alvaro Cecconi che mi ricorda un po’ un tizio che abitava vicino a me sul Lago di Como, il collaborativo dottor Paolo Pini, di cui lo confesso ho sospettato (ma ne parlerò in seguito), Terzo Diodati con il suo cigno e le sue gru.
Assolutamente insopportabili, in modo sicuramente funzionale al racconto, i poliziotti: in particolare la coppia Gentilini – Asciuti mi ha ricordato la coppia di investigatori nel film Gosford Park di David Lynch (dove l’inettitudine del capo però è estremamente caricata).
L’intreccio
Il libro sembra diviso in due parti, di cui l’attentato a Lester Howe nello scavo di Fiesole è il turning-point: la prima parte, corale, solare, è uno straordinario spaccato della provincia fiorentina e crea lo scenario necessario alla seconda parte, quasi interamente sotto terra o al coperto, negli ambienti di casa Romanelli o nelle sale del museo archeologico. E’ la parte in cui si snocciola il mistero, quello reale, quello del titolo, che conduce immancabilmente alla scoperta dell’assassino ma che ha valore in se stesso e non semplicemente in quanto pretesto o movente (come alle volte accade in gialli che tentano di fondere al mistero classico una componente archeologica). Entrambe bellissime, nella loro diversità, la prima parte affascina per le delicate descrizioni, l’approfondimento psicologico della varietà di personaggi, la sapiente costruzione della vicenda. La seconda parte, monopolizzata dal mistero archeologico, è poi a dir poco avvincente, raccogliendo tutto ciò che ha predisposto durante la prima parte del libro.
Lo stile
Quasi perfetto (perché quasi lo spiegherò dopo): un delicato equilibrio di deascrizione, dissertazione storico-archeologica, introspezione psicologica, caratterizzazione e azione. Basterebbe stralciare una parte, un paragrafo, per compromettere questo equilibrio quasi alchemico (per ricordare l’altro romanzo dello stesso autore, che sto leggendo on-line). Oltre a questo, una sapiente spruzzata di ironia (e di auto-ironia, come ben sa chi ha visto l’autore alle prese con i fotomontaggi di quella che potremmo chiamare la banda di Maria Strofa) condisce 350 pagine di libro scorrevole e piacevolissimo, da leggere e da consigliare, un libro di cui parlare.
Antichità a doppio senso
Come ho detto, la cosa che forse mi ha affascinato di più nel romanzo è stata la fusione tra antico e moderno, un antico capace di fare irruzione nelle vite dei personaggi e spingere alle pulsioni più intense. Ma non si tratta solo di questo: sarebbe banale e superficiale. L’intero romanzo è letteralmente permeato di antichità, tra un custode che sa leggere il volo degli uccelli ed un medico legale che divina con le viscere dei suoi pazienti (è una follia, ma per un istante ho pensato che l’assassino fosse lui: troppo collaborativo, era l’unico che poteva sapere che Howe si sarebbe recato agli scavi e poi… un medico legale che uccide per poi poter fare divinazioni durante l’autopsia non sarebbe stato male… o forse sì, sarebbe davvero stato orribile). Leggendo le divagazioni ornitologiche e appuntandosele, o sperando di ricordarsele, è possibile scorrere il libro e leggere attentamente tutti i "segni" che sapientemente l’autore ha disseminato (a questo proposito devo confessare che le mie conoscenze in materia si fermavano a vaghi ricordi del Volario di Cattabiani). Insomma, antico e moderno si intrecciano in modo maturo, complesso, creando uno splendido dialogo a doppio senso.
In conclusione il romanzo è davvero carino: ben scritto, ben sviluppato l’intreccio, intrigante il fondersi di mistero criminale e di mistero archeologico, ben sviluppati i personaggi, scenari tratteggiati con descrizioni puntuali e straordinariamente evocative, quasi romantiche. Tutto nel libro ha uno straordinario fascino: i tratti provinciali dell’ambiente in cui si svolge, con i suoi pranzi e le sue partite a mah-jonng, l’irruzione prepotente dell’antico nel contemporaneo, un antico fatto di frammenti epigrafici ed affreschi, di fegati e voli d’uccelli, … le parole stesse hanno un fascino straordinario, scelte spesso con un gusto estetizzante che dire mi appartenga è dire poco. Ma del resto da un autore che ha chiamato il suo blog La pietra d’acqua non ci si poteva aspettare di meno.
Bravo Ferrucci. Molto bravo.
Grazie della tua visita, ne approfitto per leggere la tua recensione al libro del nostro amato Ferrucci. Purtroppo il libro qua a Pistoia non è ancora arrivato, insisto e mi dicono questa settimana: speriamo!
Mi attengo a ciò che scrivi, spero verificarlo ben presto.
Ho notato anch’io che il nostro Paolo ha uno stile ricercato, quasi alla Flaubert, piacevole e delicato.
Felicità
Rino, in attesa
Mò me lo devo leggere. E’ un must!
(Auguste Renoir)
Sono sempre stato affascinato dai romanzi in cui “antico e moderno” e dalla tua analisi mi vien da pensare, a prima impressione, ad un ciclo sì a doppio senso, ma dal percorso circolare in cui non inizio e fine non sembra abbiano precisa locazione.
Comunque Ferrucci questa è un’ottima pubblicità che andrà premiata!
Caro Rino, leggerti è sempre un piacere, grazie a te di capitare ogni tanto da queste parti. Il nostro Ferrucci ha proprio una prosa raffinata, sì: basta vedere gli omaggi “virtuali” che fa! *__^
@ Brian: te lo consiglio davvero, penso che ti piacerà soprattutto il buon Fazzini. Poi fammi sapere.
@ Njord: allora lo devi leggere.
A Paolo, grazie dei fior! *__^
Un commento “strutturale” ed uno “tematico”:
Bella l’idea dei particolari non rivelati che a chi desidera veramente laggerli per mezzo del testo da selezionare. Potrei, in un prossimo futuro, rubartela…
Mi hai incuriosito molto: cerchero’ questo libro e lo leggero’ molto volentieri.
Ciao, e buona Pasqua!
Ruba, ruba pure! ;-)
Sono contenta di averti incuriosito. Se poi lo leggi, fammi sapere se ti è piaciuto.
Nel frattempo buona Pasqua anche a te, alla lupa e alla lupacchiotta!
Mi sembrava strano di essere riuscita ad essere la prima. Ma sono d’accordo con la tua recensione, molto più strutturata ed approfondita della mia. Mi riesce difficile spiegare i motivi per cui un libro mi è piaciuto, forse piuttosto che recensirli amo leggerli, e naturalmente scriverli.
Comunque, la medaglia d’argento (forse) me la sono aggiudicata.
Laura