Luc Besson e le sue bestioline
Riporto un articolo, dal Manifesto di ieri, in cui si parla di Arthur e il popolo dei Minimei, un film che dalla sola locandina mi ha causato una sincope per rara bruttezza degli esserini utilizzati. Io non penso proprio che andrò a vederlo, ma se qualcuno avesse quest’intenzione me lo faccia sapere. Nonni e bambini […]
Riporto un articolo, dal Manifesto di ieri, in cui si parla di Arthur e il popolo dei Minimei, un film che dalla sola locandina mi ha causato una sincope per rara bruttezza degli esserini utilizzati.
Io non penso proprio che andrò a vederlo, ma se qualcuno avesse quest’intenzione me lo faccia sapere.
Nonni e bambini nel mondo degli elfi –Thomas Martinelli
L’ha già dimostrato altre volte: quando Luc Besson (Il quinto elemento, Angel-A) vuole, sa assimilare bene codici estetici e modalità produttive mainstream di stampo hollywoodiano, pur mantenendo quel pizzico di carattere exceptionnel europeo che lo distingue. Così certe caratterizzazioni etniche italiane o africane (ma siamo anni luce dalle magie globali di Ocelot), il mezzo di salvataggio tutto europeo, anzi di Maranello visto che trattasi di una mini Ferrari rossa, la citazione da Shakespeare e non Sotheby’s «some words may hide others» («alcune parole possono nasconderne altre»), tengono a quella minima distanza anche positiva Arthur e il popolo dei Minimei da film di categoria affine come Cars o La gang del bosco. Per la sua prima volta da regista, sceneggiatore e produttore nel mondo del lungometraggio animato, Besson ha fatto le cose in grande e senza farsi mancare i nomi illustri a cui ormai le megaproduzioni a passo uno ci hanno abituato. Nel cast di doppiatori eccellenti della versione originale figurano Madonna nelle corde vocali dell’altezzosa principessa tosta Selenia e un suadente David Bowie per il malefico Maltazard (doppiato da Massimo Lodolo in italiano). Per le riprese dal vero – perché il film mescola riprese live-action con il girato in animazione digitale – il ruolo di protagonista è affidato al 13enne Freddie Highmore (Neverland, La fabbrica di cioccolato) mentre la sua deliziosa nonna è Mia Farrow. Per accedere al mondo degli elfi che dimora invisibile il giardino dietro casa nel Connecticut della nonna, Arthur comincia con l’album di foto dell’avventuroso nonno, costruttore di «cose utili» in Africa, e un codice da decifrare. Fra gli scatti del nonno scomparso da 4 anni (ma lo ritroverà animato fra i Minimei) e le storie affascinanti di tribù lontane e libri di magia che la nonna gli racconta prima di dormire (perché i genitori assenteisti sono tutti presi a realizzare se stessi), il giovane Arthur trova la carica giusta per mettersi alla caccia del tesoro nascosto. Obiettivo finale è il salvataggio della casa del Connecticut dalle avide grinfie di Davido, lo speculatore di turno. E allora, il ragazzino si restringe trasformandosi in cartoon e qui comincia la vera avventura per gli amanti di animazione 3d. Nulla di particolarmente originale e sono espliciti i prestiti da altri racconti e film – da La spada nella roccia a Gremlins, da Guerre stellari a Dracula – eppure la confezione complessiva soddisfa più di quanto lasci prevedere la messa in scena iniziale, corretta ma banale. Calato giù per il tubo nell’orto fra una popolazione di buffi bambolotti trolls dalle orecchie appuntite, Arthur con i suoi dolci occhioni maggiorati si trova inevitabilmente investito del compito di salvare dalla catastrofe la piccola civiltà nascosta nell’erba. Nell’epica impresa di prevenire niente meno che una catastrofe ecologica per inondazione, provocata dalla prevaricazione nichilistica di Maltazard, il nostro lentigginoso pre-adolescente è affiancato dai figli del re, il piccolo impertinente pasticcione Betameche e l’altezzosa Selenia. Ma l’antipatica affermatrice di sé a ombelico scoperto modello Britney Spears o Bratz, ha anch’essa un cuore e, superando il tabù del bacio (non più di uno ogni 150 anni), si lascia conquistare dalla diversa tenerezza mascolina di Arthur. Gli ingredienti alla fine funzionano: buona animazione caricaturale, ritmo e dinamismo spettacolare – con combattimento disco su vinile rotante e fuga finale mozzafiato su Ferrari rossa in scala – pillole educative non pedanti, risate ed emozioni.
PERSONALMENTE…DIREI…NON VISTO, ma da quello che scrivi non dev’essere un gran che…In ogni caso io punto per altri “sui generis”.
Grande Luc. Grazie dell’input.
Se lo vai a vedere, fammi sapere. Io credo che passerò il turno.
non credo che lo vedrò. effettivamente sono bruttini questi esserini, hanno i capelli tipo quelle bamboline… trolls mi pare.
sì, me le ricordo! Quelle bamboline cui finivi sempre per fare la treccia, che avevano capelli di colori imbarazzanti pettinati a ciuffo verso l’alto (ignari della forza di gravità).