X-men deluxe #182

Numero di conclusioni, e per fortuna mi verrebbe da dire: ci trasciniamo dietro il tormentone della piccola Hope dal deluxe #162 o giiù di lì ormai, era prima di Secret Invasion e forse anche prima di quella boiata di World War Hulk. Recensivo l’inizio della saga nel settembre 2008 (scusandomi del ritardo): praticamente è due […]

Numero di conclusioni, e per fortuna mi verrebbe da dire: ci trasciniamo dietro il tormentone della piccola Hope dal deluxe #162 o giiù di lì ormai, era prima di Secret Invasion e forse anche prima di quella boiata di World War Hulk. Recensivo l’inizio della saga nel settembre 2008 (scusandomi del ritardo): praticamente è due anni che ce la tiriamo dietro. E due anni sono un sacco di fottutissimo tempo per una saga in cui non è successo niente. Ma proprio niente, se vogliamo salvare solo la consapevolezza – nel cuore di tutti – che la piccola salvatrice-distruttrice del genere mutante è la reincarnazione di Jean Grey. Parte del problema è che questa storia non è un cross-over di interesse globale come ci è stata presentata, ma una normale story-line di Cable che in pochi leggerebbero se non affezionati al personaggio. E poco importa che la storia si apra col botto (Messiah Complex) e si chiuda incontrando X-Force (Messiah War, appunto): rimane un arco narrativo di scarsissimo interesse. Che per fortuna giunge al termine. O forse no?
Messiah War cap. 4 parte 1 (Messiah War #6, da Cable #15 del giugno 2009). + Messiah War cap. 4 parte 2 (Messiah War – conclusion, da Cable #16 del luglio 2009). Cable e Hope, nei loro salti temporali per sfuggire al loro instancabile killer Alfiere, giungono in quella che sembra la versione 616 dell’Era di Apocalisse, un 2973 in cui il clone malvagio di Cable ha soppiantato En Sabah Nur e tende una trappola mortale alla propria versione originale. Rapimenti, scontri, sangue e noia alle stelle per sei storie in cui nemmeno la presenza di Deadpool riesce a rallegrarmi. L’agonia è terminata? Ahimé no. Perché, come ha avuto modo di dichiarare lo stesso Kyle, Messiah War è il capitolo centrale di una trilogia che cambierà per sempre l’universo mutante.
Sparatemi.

Dirty, sexy Monet (Dirty, Sexy Monet, da X-Factor #44 dell’agosto 2009). A risollevare in parte questo albo, come spesso accade, ci pensa PaD con la sua X-Factor, che parte citando – almeno nel titolo – la fortunata serie tv Dirty Sexy Money. Ed è proprio Monet, insieme al piccolo Darwin, il fulcro della parte “nel presente” di questo episodio. Molto più interessante la parte nel futuro con la piccola non più piccola Layla Miller e una versione finalmente  cazzuta di Ciclope, dopo anni che la chiedevo. In generale un numero non entusiasmante che ci porta verso uno spunto narrativo non da strapparsi le vesti, ma meglio di niente laddove, rispetto a Messiah War, era meglio niente.

Mondi a parte – conclusione (Worlds apart, da X-men: Worlds apart #4 del marzo 2009). Ororo mi è sempre piaciuta. E’ probabilmente il mio personaggio preferito. E tuttavia a tutto c’è un limite. Questa di Worlds apart è una storia dagli echi Claremontiani ma senza il talento di Claremont. E se solo Claremont si fosse messo a scrivere qualcosa del genere, sarebbe stato probabilmente crocifisso. Una Tempesta indomita seppur tormentata affronta il Re delle Ombre che ha posseduto T’Challa e Ciclope, e vince senza compromessi e senza mezzi termini. Una storia che sul finale, con Ororo che rianima Scott, riesce quasi a regalare qualche emozione, ma in generale la voce narrante avrebbe meritato un po’ meno banalità. Molto ben fatto lo story-telling e il montaggio delle scene, a mio modestissimo avviso.

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